Claudio Spattini è nato a Modena il 18 luglio del 1922.
Ha frequentato l’Istituto d’Arte “Adolfo Venturi” della sua città, sotto la guida di Arcangelo Salvarani e di Renzo Ghiozzi.
Nel 1939 gli giunse il primo riconoscimento nazionale: il premio “Giovani espongono” nella mostra allestita a Firenze in Palazzo Strozzi.
Terminati gli studi presso il “Venturi”, Spattini continuava a frequentare l’Istituto affiancando Ghiozzi come assistente.
Pochi sanno che fu Spattini il primo maestro di Mario Venturelli, classe 1925, con cui avrebbe stretto una durevole amicizia; Spattini infatti lo preparò per gli esami integrativi d’ammissione al “Venturi”.
Nel 1943 l’artista passò a Padova per seguire il corso da allievo ufficiale dell’Aviazione.
L’indomani dell’armistizio veniva fatto prigioniero e internato nel campo di concentramento di Wiztendorf; poi trasferito nei pressi di Colonia, ai lavori forzati in fonderia, e infine nei Monti dell’Harz, a sud di Hannover, in un campo di lavoro sullo scavo di una galleria.
Da qui, durante l’avanzata delle truppe alleate, riesce avventurosamente a fuggire e a far ritorno a casa.
A Modena, la famiglia Spattini è “sfollata” in una casa sulla via Vignolese, di proprietà dei Venturelli; e l’artista nel 1946 ne fisserà uno scorcio del giardino in un bel dipinto di raccolta privata.
Nell’immediato dopoguerra Spattini si iscrive all’Accademia di Bologna, docenti Virgilio Guidi e Giorgio Morandi.
Nel mentre, insegna ai corsi serali del “Venturi”, nel corso superiore, e ha per collega il pittore Elpidio Bertoli, docente in quello inferiore. E sarà proprio Bertoli il primo acquirente di un quadro di Spattini.
Del 1946 è una delle prime presenze a un’importante rassegna espositiva, la Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea allestita dall’amico Norina Martinelli nel Palazzo Ducale di Modena, ove presenta un Ritratto della sorella. In quella circostanza Spattini conosce Enzo Trevisi, legandosi in un’amicizia che durerà per la vita.
Sempre nel ’46 gli giunge un lusinghiero riconoscimento: il premio Accademia di Bologna, assegnatogli da una giuria in cui sono presenti i suoi maestri Morandi e Guidi.
Su quegli anni di studio così Spattini riferiva, in un’intervista rilasciata a Ferruccio Veronesi: “Direi che la mia formazione è avvenuta sotto Ghiozzi al “Venturi”, perché mi fece capire quali fossero i veri valori della pittura e mi fece maturare senza impormi il suo modo di dipingere.
Con Guidi a Bologna, il rapporto fu di odio­amore: mi voleva guidare verso uno stile che non mi apparteneva e soffrivo quando veniva a mettere mano sui miei elaborati. Mi chiamava “Modigliani” perché ero portato alle figure longilinee.
Ora però riconosco che il suo insegnamento ha lasciato il segno.
Per Morandi il discorso è un altro: cercava di capire su che strada eri avviato e ti guidava
con indicazioni precise e pratiche.”
L’artista diventò una presenza distintiva del circolo intellettuale attorno al Nazionale, lo storico caffè che s’apriva sotto il portico del Collegio, accogliendo nella sua celebre Saletta le mostre degli “Amici dell’Arte”. Ed è ben noto come questa associazione, costituita nel 1947 dall’avvocato Franco Allegretti, con l’avvocato Gian Luigi Fogliani e lo scrittore Sandro Bergonzoni, giocasse un fondamentale ruolo propositivo nel dibattito artistico e culturale.
Più volte Spattini espose alla Saletta, nel 1947 nella memorabile collettiva che inaugurò l’attività degli Amici dell’Arte, poi nel 1948 assieme a Trevisi e Venturelli, l’esordio dei “tre moschettieri”. Nello stesso anno, con altri autori, i tre parteciparono al Premio “Saletta”.
All’epoca, anche il loro studio era in comune, in un palazzo di via Sgarzeria, verso via Sant’Orsola, dove Spattini occupava l’altana e Trevisi il sottotetto, mentre Venturelli lavorava un po’ nell’uno e un po’ nell’altro locale.
L’attività espositiva della Saletta permetteva di intessere rapporti con le maggiori personalità, anche a livello nazionale.
Nel 1950, in occasione della mostra di Filippo De Pisis, Spattini realizzò il primo importante acquisto di un quadro, una Figura d’uomo che teneva appesa nel suo studio e che poi l’avvocato Fogliani, dopo molta gentile insistenza, riuscì a farsi vendere.
In seguito, per gli Amici dell’Arte Spattini avrebbe allestito ben tre personali: la prima nel 1952, con un lungo commento di Renato Bertacchini, la seconda nel 1958, presentata da Roberto Tassi, l’acuto critico parmense, la terza nel 1971, presso l’Università del Tempo Libero, con l’autorevole introduzione di Ilario Rossi, che era stato suo insegnante all’Accademia di Bologna; frequentissime le partecipazioni alle collettive.
Intanto, nel dopoguerra Spattini ricopriva la carica di Segretario del Sindacato Artisti, che radunava alcuni tra gli esponenti più qualificati dell’ambito modenese.
Nel 1954, poco più che trentenne, si trasferisce a Parma dove gli è stata assegnata una cattedra per l’insegnamento del disegno.
Come lo stesso Spattini ricorda, sarà Carlo Mattioli, il noto artista di nascita modenese, ma parmense d’adozione, a introdurlo nei circoli culturali della sua nuova città; il tramite fra i due è l’avvocato Allegretti, che ha instaurato con Mattioli un contatto che sfocerà nella mostra delle sue illustrazioni ispirate a La Certosa di Parma di Stendhal, tenutasi alla Saletta nel dicembre del 1954.
A sua volta, la frequentazione di Spattini costituirà per Mattioli un ulteriore nesso con il mondo modenese.
A Parma Spattini ritrova Amerigo Gabba, pittore e scenografo allievo di Bertocchi conosciuto ai tempi della Accademia di Bologna.
Agli inizi degli anni Sessanta i due espongono insieme a Bari, a Parma, a Carpi e, come riferisce Giovanni Copertini, “hanno lo studio in comune a Parma, sull’attico del palazzo che fa angolo tra via Garibaldi e viale Bottega. Dall’alto del loro studio – al decimo piano – dominano i tetti e le case di Parma dalla chiesa di San Francesco al Giardino ducale … “.
Spattini ha sempre intrattenuto stretti legami con Modena e con gli artefici della sua realtà culturale. Sue personali sono state allestite nelle più accreditate gallerie cittadine: per citarne soltanto alcune, nel 1963 a Le Mura, una sala che s’apriva all’angolo tra Rua Muro e la via Emilia, nel 1967 a La Sfera di Mario Cadalora, assieme a Trevisi e a Venturelli.
In occasione di quella mostra, dal titolo dumasiano Vent’anni dopo, in omaggio ai “tre moschettieri”, Luciana Leonelli scriveva: “Si deve dar atto a questi artisti (i quali provengono dalla stessa scuola, i quali hanno avuto lo stesso maestro Ghiozzi) di aver sviluppato le premesse secondo l’esigenza di un temperamento assolutamente personale. L’intimismo estetico di Trevisi, la sua solitaria meditazione di una realtà oggettiva o di un ricordo sedimentato dal tempo, si ritrovano in queste tele … Spattini, del quale è nota la grande abilità grafica, si studia di prolungare nell’accostamento di valori cromatici il fascino di oggetti e di paesaggi … Venturelli insegue i suoi sogni ora grotteschi, ora tragici, ora macabri; investe con impeto la natura e si appropria con avidità di forme e di colori…”
Ancora, Spattini espone nel 1973 alla Farini 23 dell’Antica Società delle Arti, nell’81 alla Nuova Mutina di corso Canalgrande e alla Stamperia d’arte il Cerchio, con Biolchini, Stelluti e Vanni, nell’87 e nel ’96 al Centro Studi Muratori, nel ’95 al Punto Arte.
Fra i tanti critici modenesi che hanno scritto di lui e della sua opera, Renato Bertacchini, Franco Gattolin, Luciana Frigieri Leonelli, Ferruccio Veronesi, Enrichetta Cecchi, Mario Cadalora, Michele Fuoco.
Da registrarsi le partecipazioni alla Biennale “Aldo Roncaglia” di San Felice sul Panaro, e le due esposizioni a Carpi, nella Galleria del Ridotto del Teatro nel 1962 e alla Sala Gialla nell’82.
Del 1968 la personale alla Galleria Forti di Correggio, con presentazione di Ferruccio Veronesi; notevole fu il successo della pittura di Spattini presso vari collezionisti, e alcune sue opere entrarono a far parte della Raccolta Severi di Carpi.
In tempi più ravvicinati, Spattini è rappresentato nella mostra modenese La Saletta degli Amici dell’Arte del 1992, curata da Mario Bertoni per conto della Galleria Civica e nella rassegna Di fronte alla figura, curata da Giulia Luppi con testi di Michele Fuoco, tenutasi nel Palazzo Ducale di Pavullo nel ’94; quindi, nel ’99 con Trevisi e Venturelli presenta una selezione d’ opere alla Galleria Barozzi di Vignola.
Spattini ha esposto con grande assiduità a Parma, soprattutto presso le Gallerie del Teatro Regio, Camattini e Giordani, e in tempi più recenti alle Gallerie Sant’Anna e Mazzocchi; quindi a Reggio Emilia, a Bologna, a Milano presso la Galleria Maya e il Centro Artistico Crepaldi.
Nel 1959, con Nereo Annovi, Tato Bortolucci, Tino Pelloni ed Ermanno Vanni, ad Ancona, a Firenze. Sempre a livello nazionale, i suoi dipinti comparivano in prestigiose esposizioni: la IV Quadriennale di Roma nel 1951, le Biennali di Milano del ’57 e del ’62, la Biennale Nazionale di Nuoro e il Premio Scipione di Macerata nel 1957, la Mostra Regionale di Pittura “Città del Tricolore” a Reggio Emilia nel ’58, l’Esposizione “Premio Michetti” di Villafranca a Mare, la X Mostra “Maggio di Bari” nel 1960.
Nel 1994 diventa membro dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma, prestigiosa istituzione fondata nel 1757 dal Duca Filippo di Borbone e dopo la soppressione napoleonica ripristinata dalla duchessa Maria Luigia nel 1816. L’accademico Spattini rientra così nell’elitaria rosa dei dieci pittori – oltre ai dieci architetti e ai dieci letterati – che portano avanti questa illustre eredità culturale.
Tornando al contesto modenese, Spattini e gli altri due allievi di Ghiozzi, Trevisi e Venturelli, hanno visto riconosciuta l’importanza del loro ruolo nell’arte del ‘900 con la mostra-omaggio, intitolata ai tre moschettieri, allestita per l’inaugurazione della nuova sede dell’Istituto “Venturi”, nell’ottobre del 1996.
Nel 2001 a Modena nella Chiesa di San Paolo, sede espositiva della Provincia, si svolge la mostra “Claudio Spattini i maestri e gli amici” a cura di Lauretta Longagnani e Graziella Martinelli Braglia a cui seguirà, nel 2008, un’esposizione interamente dedicata ai Monotipi organizzata dal Museo Civico d’Arte.
Nel 2009 espone a Parma nella Galleria San Ludovico con la mostra “Claudio Spattini settant’anni di colore” a cura di Eddy Lovaglio.
Fino all’ultimo lavora nel suo studio di via Felice Cavallotti a Parma dove ancora è presente sul suo cavalletto l’ultima opera incompiuta. Dopo una vita che ha attraversato l’intera esperienza artistica del “Secolo breve” il pittore si spegne il 3 agosto 2010.

Con oltre 60 opere nell’aprile 2012 la Fondazione Cariparma celebra a Palazzo Bossi Bocchi, a meno di due anni dalla scomparsa, Claudio Spattini con un’importante mostra antologica a cura di Gloria Bianchino dal titolo “Claudio Spattini e la memoria del Novecento”. Un doveroso omaggio sia all’uomo – la cui attività di insegnante è ben viva nella gratitudine di centinaia di allievi – sia al pittore, con la volontà di contribuire, inoltre, alla definizione di un preciso percorso artistico del XX secolo.

Nel dicembre 2013 l’ArtGallery negli spazi della Galleria in borgo San Vitale 3 a Parma,  allestendo la mostra personale di Claudio Spattini, si fa portavoce del ricordo cercando di portare alla luce soprattutto le opere inedite del maestro, quelle opere necessarie e ricercate per incasellare dei dettagli fondamentali a corollario di un artista.